Teodosio Martucci (1991)
“Interrogativo n 8 la speranza della verità” (tecnica mista su tavola cm 111×129) (settembre 90)
“Armonia e sperimentazione nell’Arte di Angelo de Francisco” di Teodosio Martucci (1991)
L’ arte di questo secolo si è sviluppata lungo una costante prassi sperimentale, volta a ricercare, in rapporto all’avanzato sviluppo delle scienze e della tecnologia, nuovi equilibri visivi e strutturali per le arti ed il loro rinnovato ruolo comunicativo nella più aperta situazione storica e sociale del tempo contemporaneo. Non che questo aspetto sperimentale sia naturalmente una novità in assoluto. L’arte, sperimentale, lo è sempre stata, fin dal periodo preistorico. Per non parlare, poi, delle ricerche estetiche dell’antica Grecia o del Rinascimento, chiaramente improntale all’innovazione formale e simbolica. Solo che, a differenza delle epoche passate, la sperimentazione, a partire dalle avanguardie storiche, non è più in relazione con una rappresentazione mimetica e sempre più obiettiva della realtà, ma si pone come indagine linguistica sulle forme visive in quanto tali, sciolte da legami con lo spirito descrittivo tipico di ogni tendenza naturalistica. Tutto questo determina una maggiore libertà espressiva per gli artisti, non più circoscritta da vincoli imitativi, ma anche il rischio che il linguaggio artistico si “auto-limiti” in schemi formalistici. Pericolo, comunque, che l’espressione estetica più avanzata ha saputo evitare, quando ha autenticamente incentrato la sua analisi sulla condizione umana e sul come comprenderla in termini visivi nell’acuta tensione culturale ed ideologica creatasi con l’inizio del novecento.
Considerazioni generali, queste, attentamente esaminate da de Francisco, artista di meditato ed originale temperamento esplorativo. Il suo lavoro si dispone al collegamento visivo di ampie superfici lignee che accolgono la discreta e vitale presenza di stilizzazioni imponenti, ma fluidamente distribuite, di figure umane, in prevalenza femminili, sagacemente sintetizzate sull’inpronta biomorfica di un Hans Arp.
In altre opere la solitudine fisica di grandi spazi immaginari si alimenta nel rilevare il flessuoso adagiarsi di corpi umani realizzati da un calligrafico disegno rinascimentale che sembra quasi sensibilizzarsi in analisi di masse muscolari dall’inclinazione vagamente michelangiolesca. l suoi lavori manifestano nell’accurata struttura compositiva che li caratterizza una viva energia dialettica nel contaminarsi delle superfici, nel contrasto tra la naturalezza del legno e l’artificiale dello smalto, negli accostamenti cromatici azzurri/neri e grigi/verdi. Ma senza imporre drammaticità e violenza formale al suo linguaggio. Questi contrasti non sono il frutto di ipotesi alternative, le quali si contendono il significato ideale e visivo dell’immagine elaborata dall’artista, ma alludono ad un’unica causa del divenire dell’armonia fisica e spirituale, esposta, tuttavia, a diverse e simultanee sollecitazioni immaginative e teoriche che fermentano il pensiero creativo di de Francisco. In questa aperta dimensione estetica si coglie il filo sperimentale della ricerca del pittore.
L’arte, pur nell’infinita varietà dei risultati formali possibili, può evidenziarsi come sperimentale essenzialmente in due modi. O come verifica costante della condizione della propria esistenza, si pensi all’opera di Fontana, o come dimostrazione visiva, certo non razionale, di particolari assiomi teorico-artistici quali per esempio quelli che intervengono nell’arte di un Moholy-Nag, ispirata alla identificazione di spazio percettivo e spazio matematico. L’immagine di de Francisco si colloca nella prima categoria, in quanto essa non intende “saggiare” la consistenza di alcuna “legge” estetica o filosofico-teorica, ma esplorare nuovi orizzonti creativi suggeriti dalla fantasia ed accertarsi in primis della loro esistenza piuttosto che quantificarne limiti, confini e definizioni.
L’equilibrio visivo che intende sostenere de Francisco nelle sue elaborazioni si sviluppa nel determinarsi libero in un contatto simbolico tra la soglia della percezione psicologica di un avvenimento, ricordo o anche denuncia e l’esegesi spaziale che i fatti ed il nesso osservazione-contemplazione richiedono e riflettono per porsi come luoghi di libertà. Questa non è un’arte di oggetti, ma essenzialmente di spazi e visioni che costituiscono nel loro fantastico prospetto di sviluppo il senso connettivo tra i vari elementi artistici e non che nutrono l’impianto formale di de Francisco. Ed il senso connettivo che questa spazialità ospita ed avvalora è quello di una nuova umanità, ricostruita e collocata oltre l’attuale fragilità e violenza disgregativa che ne intacca e distrugge la radice culturale ed estetica.
La forza del progetto organico dell’artista non si evidenzia, pertanto, nella presunta validità di dogmi aprioristici, anche se ammantati di razionalismo, ma nell’intraprendente indagare originali e futuribili possibilità di linguaggio e civiltà, trovate, forse per coincidenza, e riconosciute come umane dall’esperienza storica ed ideativa.
All’interno di queste coordinate espressive lo spirito di armonia che ritmicamente anima la ricerca dell’artista si presenta sotto una luce nuova e più artisticamente comprovata. Poiché tale armonia si predispone non tanto come conclusione di un risultato formale quanto come condizione e procedimento di un concreto operare.
In simile vocazione genuinamente creativa va intesa l’analisi pittorica di de Francisco. Il suo bisogno vitale, dettato quasi da una sorta di istintività pura, oltre che dalle ragioni dello studio storico, di collegare antico e futuro. Leonardo e Fontana. Tutto per quella pace che le epoche come gli uomini faticano a trovare e che, talvolta, per un fortuito interludio delle violenze, hanno il coraggio di vivere.
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