“Pittura 1973/ 1980”
“Gessù Cristo la Nazzarena e le compagne puttane” (olio su tavola cm 60×100)
“Quando le Parole non riescono più ad esprimere concetti, allora nasce la Pittura”
“Dalle combustioni plastiche agli automi” (di Gianni Pre – 1987)
Il frastagliato percorso artistico di Angelo de Francisco, che si è articolato e sviluppato in almeno quattro fasi, trae le proprie origini da e in tale alveolo di alienata fissità esistenziale; da questo universo congelato in fittizie presenze, da queste temperie di idee coagulate in una combustione centripeta. Eppure, questa adesione alla problematica di Burri, non è il fulcro della sua tematica — le << combustioni >> del nostro fanno parte di una stagione creativa da tempo superata —; ma era importante risalire al punto germinativo, poiché nei successivi stadi, l’artista ha operato uno scavo, in un certo senso un’analisi che motivasse, sviscerandone l’essenza, quella scelta, accettata in modo troppo assiomatico, che lo aveva predisposto a calarsi in quell’arido retroterra culturale.



























De Francisco ha intuito le insidie d’incapsulamento che tale estetica sottendeva, ed ha ricercato attraverso i solchi strozzati di quella stessa unità devastata, le radici e i prolungamenti dell’alienazione: la dinamica che lega e contrappone l’individuo all’individuo nella complessa rete dei rapporti sociali.
Quelle masse informi, quegli strati di amorfa e come calcificata cromia, hanno preso nel secondo momento creativo, una fisionomia, uno spessore, configurandosi in grovigli urlanti dalle tonalità quasi sempre esangui e fuligginose. Ne è venuto fuori un mondo in bilico tra l’onirico e l’astratto, contrappuntato di balenanti atmosfere surreali, che rammentano l’agghiacciante realismo simbolico di Max Ernst.
I personaggi di questi vacillanti quanto opprimenti scenari sono degli esseri belluini, che fuoriescono da grotte-prigioni, o partoriscono mostruose creature, oppure si dilaniano al cospetto di enormi idoli: simboli tangibili della forma calamitante e repressiva del potere. Di un ordine costituito che funge da regista-attore-spettatore nel muovere i fili di una rappresentazione di larve umane — del loro dentro e fuori — sempre sottomesse alla sua minacciante autorità. (Da “Alla Bottega” novembre/dicembre 1987 di Gianni Pre )

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