“Arte e Sensi” Intervista della Redazione (2008)
Copertina di “Arte e Sensi” – dicembre 2008 –
Intervistato dalla Redazione di “Arte e Sensi” (n. 1 dicembre 2008)
L’opera digitale di Angelo de Francisco Mazzaccara, nasce ai primordi di questo nuovo millennio. Foto e video sono il tessuto su cui si articola questa sua nuova ricerca. Lasciata la tela e i colori ad olio che più non sanno esprimere il dinamismo della società contemporanea, il computer diviene la matrice che da vita a queste sue nuove opere; un mondo di variegate raffigurazioni che vanno dai ritratti, autoritratti, ai paesaggi urbani e marini. De Francisco brucia i tempi della fotografia e dipinge con colori computerizzati. La macchina fotografica è solo un pretesto per catturare immagini ad alta risoluzione, che poi vengono immesse in una alchimia computerizzata da cui rinascono rielaborate e cariche di nuova vita. Computer e scanner quindi sono i nuovi strumenti con cui inizia a ricercare. Ben presto però de Francisco si accorge che l’immagine cosi come è raffigurata, anche se bella ed interessante, è però un ‘ immagine statica, bloccata come da un lampo di flash e cristallizzata. E’ vero che può essere stampata in dimensioni varie e tirature limitate, ma è anche vero che quelle immagini sono un susseguirsi di scatti con variabili di colore e di sfondi, con una infinità di giochi prospettici e di intrecci, e ci vorrebbero infinite pareti per esporle.
Ecco allora la necessità di inserirle in un video, di creare un vero e proprio racconto di immagini accompagnato da parole e musica, per spiegare o meglio illustrare il divenire delle stesse. Nascono i primi video “Immagini in dialogo”, “Città oltre l’Immagine”, “Suonata per Saddam”, “Città erotica”. Nasce in lui un nuovo desiderio di confrontarsi sulla scena del contemporaneo, dell’attualità, di quella vita che scorre tra guerre e conquiste scientifiche, tra fame, eros e speranze disattese e da ricomporre. Nasce anche l’urgenza di esprimersi con i mezzi più semplici e alla portata di tutti, software, telecamera e videoregistratore; di creare da solo i propri video e le proprie musiche, perché “nella solitudine si riconoscono i propri pensieri”. Nel catalogo monografico che fu da cornice alla mostra di fine ottobre presso la Galleria Schubert di Milano, sono allegati due Dvd contenenti 18 video che vanno dal 2001 ad oggi. Video nei quali si ricerca un aggancio alla contemporaneità vista però attraverso una “deformazione” ottica data dal computer. Immagini reali, alterate dalla lente del poeta che cerca qualcosa al di là di ciò che si vede.
“Suonata n…1 / 2 / 3……. ”, questo il titolo dato alla maggior parte di loro, in una sequenza temporale simile allo sfogliare di un diario in cui giorno dopo giorno si annotano riflessioni e spunti, pensieri e tracce da non perdere. Suonate dicevamo, ma perché questo titolo cosi musicale e di sapore classico? “Nel comporre al pianoforte digitale e poi al computer questi pezzi musicali intrecciati alle immagini video, sia per la durata dei video stessi che per quella audio, mi venne da considerarli delle suonate al pari di quelle classiche di Schubert, Beetowen, Chopin, Stravinschi, che appunto erano tali in raffronto alle più complesse Sinfonie. E infatti questi sono video e non lungometraggi o film, e in un video bisogna racchiudere e sintetizzare il pensiero che si sta esprimendo, proprio come nella poesia o nel sonetto rispetto al romanzo.”
E la musica che ruolo ha in tutto questo?
“Io non sono un musicista e nemmeno un compositore; o forse si. La musica dapprima, all’inizio dei primi video quindi, l’ho composta al computer mescolando tracce-campione assemblate in modo caotico e il risultato, a dire di qualche critico, ha un fondo electro e tekno-house. Successivamente ho iniziato a suonare il pianoforte digitale con i suoi mille strumenti incorporati e traccia su traccia ho assemblato quei suoni e il risultato è quello che si può ascoltare. Quindi, immagini, suoni e pensieri che affiorano nei video, sono un corpo unico di una unica persona, vari aspetti di un problema visto da angolazioni differenti e questo mi ha affascinato ed interessato nel realizzare questi lavori; forse in me coesistono varie discipline come pittura, fotografia, musica, poesia, filosofia e il mezzo video mi da l’opportunità di esprimerle.”
Fra tutte le arti che hai menzionato, non hai fatto nessun accenno alla scultura, come mai?
“Beh, la scultura è un lavoro troppo lento e lungo. Mi sarebbe piaciuto scolpire il marmo, alla Michelangelo, non opere piccole, ma blocchi di tre o quattro metri cubi; però, se non sei in una cava o non vivi nei pressi, è una cosa complicata. Poi ci sono i trasporti, gli ingombri. La pittura è più semplice e più rapida, occupa meno spazio, anche se le tele sono grandi, è più di getto. Anche le installazioni direi, sono cose per me un po’ complicate. Necessitano di vario personale, di spazi adeguati e poi vanno smontate e dove le metti?”
Progetto di assemblaggio di fotografia su una pietra lavica – (dimensioni statuarie)










Si vendono e chi le acquista sa già dove collocarle.
“Si certo. Ma se non le vendi ? Non voglio dire che sono un pessimista, ma per me lavorare da solo, senza chiedere niente a nessuno, è la cosa più salubre che un artista possa fare. Il successo non è dato dal fatto che tu venda o a quanto vendi, ma da ciò che fai e dal come lo fai; da ciò che sai imprimere nelle tue opere, dal discorso che ci sta dietro, dalla tua capacità di vedere oltre le cose che appaiono, di proporre un progetto di vita su nuovi presupposti, di essere insomma un “maître de pensée” per dirla alla francese. Poi l’arte diviene un divertimento, come la vita, se prima però hai saputo cogliere il senso della tua esistenza. Dipingere o essere artista, non è un lavoro, ma una missione e come tutte le missioni sono fatte con il cuore e con un forte credo: il credere che la nostra azione trasformerà il mondo, non saprei dirti come o quando, ma certo un giorno accadrà. Come in quelle canzoni di Luigi Tenco o Gino Paoli, due poeti del Novecento, che mi accompagnano nei momenti più bui, ma che mi sanno dare la forza della speranza e la volontà di lottare.”
Perché citi due cantautori?

(Stampa lightjet su carta Kodak Endura montata sotto plexiglass satinato)
“Perché quando lavoro la musica è sempre o quasi di sottofondo e mi penetra dentro per poi fuoriuscire con quello che tu vedi. Le parole sono dei messaggi che vengono lanciati nello spazio e tu devi saperli cogliere, altrimenti che senso avrebbe il parlare con la bocca e l’ascoltare con le orecchie? Siamo tutti dei profeti, perché siamo tutti parte di una stessa identità; c’è chi sa cogliere questa verità scritta in tutte le cose che ci circondano, e chi no; chi è più attento a cogliere l’insieme delle cose e chi più è distratto da un particolare da perdersi in quello senza riuscire a vedere tutto il resto. L’Arte ha questa funzione e l’artista è la sua antenna parabolica; poi ci sono i ricevitori tv ( i fruitori) che guardano e osservano o che cambiano canale; ma poco importa, perché noi continuiamo ad esistere e ad operare. Siamo un po’ come le onde radio, che se ti sintonizzi su quella frequenza le capti, diversamente esistono lo stesso, debbono solo essere catturate con il ricevitore”.
La mostra che hai fatto, “Città oltre l’ immagine”, assieme a tutte quelle, chiamiamole così, fotografie che elabori, come nascono e come si inseriscono nel contesto contemporaneo urbano e non?

Tiratura : 1/3
“Ti parlavo del computer e della macchina fotografica, della possibilità di variare e trasformare l’ immagine. Una serie di scatti sulla città, in questo caso Milano dove vivo, e un desiderio di provare a giocare con quelle immagini, di assemblarle e sovrapporle, di colorarle e alterarle. La foto è solo un punto di partenza, tutto il resto è computer o meglio fantasia; quindi non mi definisco fotografo e non mi interessa esserlo, o meglio potrei dire che la fotografia si evolve perché evolve lo strumento; il resto è libertà creativa e interpretativa . ”Oltre l’immagine“ è forse la migliore definizione che si possa dare a queste cose; poi il resto, l’interpretazione singola di ogni immagine, la lascio ai critici, cosi come per le prime immagini elaborate tra il 2000 e il 2001 con lo scanner, raccolte poi nel primo video “Immagini in Dialogo”, lascio agli altri interpretarle . Era il tempo in cui l’altro, il non occidentale, faceva sentire la sua voce, appariva di prepotenza sulla scena internazionale e in “Immagini in dialogo” volevo un po’ raccontare questo evento, questa contrapposizione tra i due mondi, tra i due modi diversi di essere. Accostare immagini differenti, per cercare una unione. Obiettivo utopico? Non direi, anche se la realtà sembra contraddirmi. Principi come la “nonviolenza” espresso nel video o la ricerca di quel “conosci te stesso”, di antico sapore socratico o più in là nel tempo verso oriente, dove nascono le filosofie di vita, si ritrovano nella serie dei ritratti-autoritratti .
“La fotografia è un frammento di realtà in cui ti riconosci e da cui puoi ripartire per creare le tue speranze.
“La fotografia mi risolve molti problemi tecnici legati alla raffigurazione e alla prospettiva e mi apre uno
spazio infinto d’indagine sulle forme e i colori, su altre cose .
” La fotografia è una realtà che possiamo manipolare meglio e più velocemente della realtà sociale in cui viviamo.
“Per questo, come un tempo si diceva, l’Arte è sempre all’ avanguardia dei tempi, perché l’ artista è sempre teso a ricercare il meglio nel suo lavoro e per estensione di questo concetto, a ricercare una forma migliore di vita”.
E queste cosa sono? dissi interrompendo il suo fluire di pensieri e soffermandomi su una serie di cartelle piene di fotografie dai variopinti colori.

Tiratura : Edizione unica di 3
“Sono prossime mostre, forse; alcune sono già in giro per il mondo; tipo queste sullo sport. Il Comitato Olimpico cinese me ne ha scelta una in occasione delle Olimpiadi 2008 da inserire in un giro di Musei esteri per poi essere esposta in modo permanente nel Museo di Pechino; il formato? due metri per uno e mezzo. Le altre sono pronte per una vera e propria mostra sullo sport, sul calcio o sulle arti marziali. Immagini della squadra di calcio dove gioca mio figlio, fatte durante i vari campionati. Poi come vedi, assemblate, sovrapposte, piene di colori, come le grida di tifo dei genitori che accompagnano sempre questi eventi. E sport diviene anche il mio operare con i pennelli del mouse, come a rivivere quegli eventi e a renderli immortali. Queste altre poi sulle arti marziali, le ho fatte proprio pensando alla Cina, al Kung Fu. Arti fatte da giovane, che mi hanno insegnato molto e qui ho cercato di trasmettere quello spirito energetico di cui sono intrise. Però i cinesi hanno scelto quella sul calcio (si vede che il calcio in Cina è più popolare delle antiche arti marziali).

Comunque sono contento, perché quell’ immagine “Vualà che tiro!”, questo il titolo, raffigura mio figlio in una fine partita di campionato dove un suo goal segnò la vittoria della squadra. Queste altre invece sono state fatte per una rassegna organizzata dalla regione Puglia, dal titolo “Le Porte del Mediterraneo”, nel mese di agosto. Anche per queste ho lavorato molto, come pure per queste altre sull’Ulivo e il Ciliegio, per cercare di dare un senso grafico a questitemi. Posso dire di essermi divertito nel farle, perché è sempre una sfida con se stessi , come quando a scuola si svolgeva un tema e si doveva cercare il più possibile di centrarlo, di non uscire dallo schema dato, per non avere un brutto voto. Ora che sono passati molti decenni da allora e mi sembra di essere tornato indietro, nell’eseguire queste cose; però avverto una maturità nuova che prima non avevo, un senso di libertà datomi dalla possibilità di indagare su cose che forse non avrei mai pensato di fare, ma che mi vengono proposte come sfide. E qui nasce il divertimento, perché faccio qualcosa che mi piace e che mi piace molto.

Tiratura : Edizione unica di 3
La parte più stressante di tutto questo invece, è l’organizzare una mostra, scegliere le opere, farle stampare, fare un catalogo (che poi devi sempre fare tu, seguire tu, perché solo tu sai che cosa vuoi esprimere con quella mostra). E poi ci sono i tempi che incalzano, le scadenze troppo vicine, i contrattempi, i documenti che mancano e via discorrendo. Insomma tutta quella parte da ragionieri e contabili, da burocrati, che non si addice al mio temperamento, ma che forse fanno parte di quel meccanismo che serve ad uscire dal proprio mondo per entrare in quello degli altri”.
Prossime mostre oltre alla Cina, alla Puglia e a Milano?
“Vediamo come va questa, nella capitale dell’economia europea, come risponde questa mia città, se risponde o se fa la gnorri. L’arte oggi non è più considerata come un tempo e forse non è neanche più considerata una sovrastruttura. Ma chi se ne frega. A me piace e quindi continuo a farla. Prossime mostre? Si certo, pensavo di andare ad esporre sulla Luna, ci starebbero bene in mezzo a quelle silenziose vallate. Poi su Marte nei suoi crateri rossi; poi in giro per le galassie a portare un po’ di questa ritagliata terra. Infine su questo pianeta piccolo piccolo che è anche la mia casa. Chissà che dopo tanto peregrinare ….. A parte gli scherzi, ho intenzione di ristampare un mio saggio uscito nel 1996, “La coscienza dell’Immagine. (psicoanalisi dell’Arte?)” uscito allora presso la casa editrice Nuovi Autori di Milano, che non ha avuto eco, ma che credo essere un lavoro di un certo rilievo, perlomeno perché è un artista che parla ed un uomo che progetta la propria vita in questo sistema planetario”……..
Mentre parlava, il mio sguardo vagava fra quelle immagini di città, fra quei ritagli di palazzi e strade, fra quei giocatori orientali e non, che si animavano di mille colori e su quelle foglie d’ulivo che parevano dipinti da non so quale pittore, ma che invece erano fotografie fotografate da un computer che troppo spesso usiamo per fare calcoli e tenerci promemoria , o per fare manifesti che ci inducano ad acquistare questo o quel prodotto. Quelle immagini erano un po’ tutto questo ma anche e soprattutto molto altro; quell altro che non vediamo ma che nascosto dentro di noi vuole mostrarsi.
Lentamente percorrevo quel lungo corridoio alle cui pareti parevano essere dipinte quelle immagini e lentamente quelle immagini mi assorbivano, mi risucchiavano come sabbie mobili che attirano per invitarmi nel loro dentro, gole profonde di un incantesimo che stava per compiersi. Scesi per un lungo e largo scalone che pareva essere un ologramma dipinto o fotografato e mi ritrovai in un cortile di sapore medioevale. Un viavai di gente e bancarelle che alla luce della luna mercanteggiava oggetti di ogni tipo. “Venghino signori, venghino…” qualcuno vociferava; “Comperino, signori, comperino …”, qualcun altro gridava e nel frattempo la folla chi da una parte, chi dall’altra, si radunava in un ordine silenzioso.
Io mi affrettai verso quel grande portone di ferro battuto intravisto dall’altra parte del cortile ed uscii. Le mura di quel castello, dipinto, fotografato, non saprei dire, mi mandava in confusione. Troppe immagini strane avevo visto; troppe immagini-non immagini si erano susseguite e il mio senso di orientamento si stava smarrendo. Incrociai un passante dall’aria furtiva e fattomi coraggio gli chiesi: “Mi scusi, mi sa dire che posto è questo e quel castello di chi è?” Con fare smarrito e un pò beffardo il viandante mi rispose: “Come? Ah si! Quella ? E’ parte delle Città Ritagliate. Non conosce? E’ dimora del principe ereditario”…
In lontananza nella notte, il mare turchese si rifletteva nella luna bianca e la luna si sagomava nei ritagli di automobili che scorrevano repentine lungo l’autostrada che mi avrebbe riportato a casa. Il mare giaceva silenzioso nel buio della sera. A tratti echeggiava l’infrangersi dei flutti sulla scogliera. Mi addormentai nel silenzio di tomba della mia stanza, che ora non aveva più pareti, ma prospettive infinite di una città oltre l’immagine.








